La mia maratona di New York

Domenica 1 novembre 2009 ho avuto il mio battesimo nel mondo delle maratone, e l’ho voluto il più bello ed emozionante possibile, andando a correre la mia prima maratona a New York, in quella che è conosciuta come la 26miglia più famosa del mondo, quella che quando dici ad un amico che tu corri le maratone, lui ti chiede subito “hai corso quella di new york?”, quella che è il 4 evento sportivo più visto al mondo, quella che stimola di più la fantasia di un runner per la sua storia e l’emozione di correre nella grande mela.

La preparazione atletica

Ho iniziato la preparazione atletica a gennaio 2009. Arrivo da tre anni di corsa leggera, non impegnativa, con alcune mezze maratone corse ed una milano-pavia (33km). Prima di gennaio 2009 ho avuto un periodo di stop lungo quasi 3 mesi, quindi è come se avessi re-iniziato a correre da zero, da novello, con una scarsa resistenza atletica. Mi sono allenato seguendo un paio di  tabelle di allenamento, e da aprile, ho cercato di aumetare i fondi di 5km ogni due settimane (compatibilmente con dolori ed infortuni più o meno seri), tra cui anche impegni vari di lavoro che mi hanno fatto saltare qualche uscita. Il 27 settembre 2009, ho fatto un allenamento da 40km (la prima volta in vita mia) correndo in 4h e 3 minuti. Da quel giorno ho avuto qualche dolore alla caviglia e al polpaccio destro. Il recupero muscolare è stato lento. In ottobre ho fatto pochi allenamenti e le due settimane prima della maratona ho scaricato e riposato. Da agosto mi sono fatto seguire da un massaggiatore/fisioterapista sportivo (segue anche la nazionale di sci maschile) per aiutarmi con contratture e altri fastidi vari (sono dovuti ad un intervento al menisco del ginocchio destro nel 1996 e ad un’operazione di ernia al disco nel 2005)

L’attesa prima della partenza

Domenica 1 novembre la sveglia è suonata alle 4.20 del mattino. Il puntello è alle 5 nella hall dell’albergo. Giusto il tempo di prendere un caffè ed un muffin da starbucks. Il pullman ci porta a Battery Park per l’imbarco sul traghetto in direzione Staten Island dove ci attende un altro pullman per raggiungere il ponte di Verrazzano. Arrivo alle 7 nel parco adiacente il ponte e mi aspetta un’attesa fino alle 10.20, ora della partenza della mia wave (colore arancio). Mi scaldo con caffè caldo ed integro con gatorade ed una barretta energetica. Ho due vecchi maglioni con me, che uso per scaldarmi, e che butterò alla partenza (pratica consigliatami prima della partenza dall’Italia e saggio consiglio per tenersi al caldo). Questi abiti verranno poi raccolti e dati agli homeless (ci sono pile di peggio abiti/giacconi in ogni angolo del parco essendo una pratica molto utile e diffusa tra questi maratoneti ). Cerco la concentrazione, riposo, ascolto musica ed attendo l’ora della mia partenza.

La partenza e le prime miglia

Parto puntuale nella mia ondata ed affronto tranquillamente il ponte di Verrazzano. Si entra a Brooklyn e li mi rendo conto di cos’è veramente la maratona di New York. E’ un unico, lungo, fantastico, incredibile, adrenalico e partecipativo tifo. E’ il motore della corsa, che regala agli atleti tanta adrenalina e carica gratuitamente per affrontare sempre su di giri le 26 miglia. Si attraversano quartieri abitati da gente molto diversa, di ogni colore e razza, ed ognuno di loro, incondizionatamente, partecipa ed urla per supportare ciascuno di noi. Questa è la vera emozione. Ho cercato più volte il tifo avvicinandomi agli spetttatori per sentire urlare “italia”, alzando le braccia ed esultando con loro. In quei momenti è meglio di un energetico. Fino alla fine, lungo le 26miglia (tranne sui ponti), il tifo è presente ed unico. Che spettacolo!

Il pensiero di un ritiro

Al 15miglio (24km) si affronta il Queensboro Bridge, che dal Queens riporta a Manhattan passando sulla minuscola Roosvelt Island. Questo ponte, lungo 1,3 miglia, è stato il punto più difficile di tutta la corsa. La salita ripida, la fatica accumulata, i dolori insopportabili al ginocchio e alla coscia sinistra, hanno contribuito ad abbattare il morale. Fino a metà del 18 miglio, ho pensato qualche volta di mollare. Per ritrovare la carica ed il ritmo, ho acceso l’ipod (rimasto spento fino ad allora), ho seguito il ritmo della mia playlist (rigorosamente heavy metal) e sono riuscito a riprendere il giusto passo (circa 9min/miglio). Ho pensato ai sacrifici fatti, al tempo dedicato in allenamento per arrivare fino a quel momento,  a chi mi ha supportato nei mesi di preparazione, a chi mi ha salutato prima di partire, a chi ha semplicemente mandato un sms o un messaggio di augurio. Quelle persone sono state parte della mia ripresa, ma ho pensato pure a chi invece non s’è fatto sentire per un saluto quando invece ne avrei avuto piacere ed anche questo ha contribuito a far ritrovare la giusta concentrazione sulla corsa e a distogliere la mente dalla fatica e dal dolore.

L’arrivo

La 5th avenue porta dritti a Central Park, dove si trova l’arrivo, ma dal punto in cui si entra nel parco, mancano ancora 2 miglia. Li ho iniziato a pensare di avercela fatta, ma mi sono anche fregato da solo, perchè quelle miglia non passavano mai ed oltretutto la strada è per buona parte in salita, come tutta la parte finale della maratona (diagramma delle altezze). Non potevo mollare, nè rallentare troppo e in quei momenti non dovevo pensare alla  fatica ma cercare di seguire il tempo dei mie brani power metal. Finalmente ci sono, ecco l’arrivo. Vedo il cartello finale degli 800 metri, faccio l’ultimo sprint di forza e taglio il traguardo a braccia aperte, con gli occhi chiusi, consapevole di aver realizzato il mio sogno, aver corso tutta la maratona di New York.

Il ricordo

Aver finito quella corsa è come ricevere un premio. Quel premio è il ricordo di aver fatto la mia prima maratona in 4ore, 23 minuti e 29secondi. E’ l’orgoglio della medaglia con il ricordo del 40mo anniversario della maratona, è l’orgoglio di aver corso una maratona dopo un’operazione al ginocchio ed una di ernia al disco (e tanti consigli ricevuti di mollare e cambiare sport), è l’orgoglio di aver corso per più di 4 ore senza mollare e pensare di poter riuscire in un’impresa del genere grazie alla passione e al cuore.

Foto di New York e della maratona

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(statistiche di arrivo della Ing New York Marathon 2009)

5 Replies to “La mia maratona di New York”

  1. Roby, è una “storia “bellissima, in ogni riga emerge il tuo stato d’animo e si avvertono le tue emozioni…che esperienza!!!!!!!!!!!
    Sei davvero stato un GRANDE…hai realizzato un sogno e questo insegna che non bisogna mollare mai!!! COMPLIMENTI!!!!!!!!!!!!

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